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In Ucraina si combatte, ma non per l’Europa

by Italia dei Dolori
16 Ottobre 2020
in Attualità, Mondo, Warfare
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Qelsi – Pensare che qualcuno, nei giorni scorsi, ha provato addirittura a farvelo credere. E nella maniera più subdola e scorretta possibile. Una foto in prima pagina, un manifestante con una molotov in mano, uno sfondo apocalittico e un titolo drammatico: “A Kiev si muore per l’Europa”. Niente di più lontano dalla realtà, ovviamente.Ukraine-protest

Cosa sta realmente accadendo a Kiev

Spiegare cosa sta accadendo in Ucraina, in questo delicatissimo momento, non è una cosa semplice. Se non altro perché una riposta vera e univoca non c’è, non esiste e, forse, non si troverà mai. E’ una questione di prospettive, di credi politici, di ideali. Siete convinti sostenitori dell’Unione Europea? Allora vi farà piacere sapere che a Kiev la gente si sta facendo bastonare per combattere le ingerenze di Mosca, perché vuole fortemente l’ingresso del proprio paese in Europa.

Siete filorussi, ammiratori di Putin, assertori delle democrazie dimezzate? Bene. Lo sapete che a Kiev in questo momento decine di fascisti, estremisti di destra e scansafatiche disoccupati stanno devastando la città, rendendo la vita degli ucraini impossibile? E ancora: siete inossidabili antieuropeisti, certi che l’Ue sia una dittatura economico-burocratico-politica? In questo caso è sotto gli occhi di tutti la pesante ingerenza di Bruxelles in una questione tutta interna a un paese straniero. E tutto con il solo fine di scippare a Putin un paese strategico nell’eterna guerra fredda tra Occidente ed Oriente.

Chi è in piazza e perché?

E allora, giacché ognuno manipola la realtà a seconda delle proprie idee, chi c’è veramente in piazza? E, soprattutto, perché? Qualche giorno fa Ilya Varlamov, uno dei blogger russi più famosi e conosciuti, si è recato nella capitale ucraina e ha postato un interessante articolo sugli scontri che stanno avvenendo in questi giorni a Kiev. Varlamov ha delineato un quadro sociologico molto preciso dei manifestanti che stanno mettendo in evidente difficoltà l’amministrazione Yanukovych, confermando quello che i conoscitori della realtà ucraina sanno da tempo:

a Kiev non si muore certo per l’Europa.

“Qui potete vedere di tutto dai tifosi di calcio ai pensionati”, ha scritto il blogger russo. “E sono tutti insieme. Una dolce nonna sta preparando una molotov, il manager di una grande azienda sta portando delle munizioni a uno studente. In questo momento sembra che queste persone non hanno un piano specifico, né idea di cosa fare dopo. Naturalmente ognuno ha il proprio piano per salvare l’Ucraina. […] L’unica cosa che è del tutto chiara è che sono venuti contro Yanukovych”.

E Viktor Yanukovych non è un presidente qualunque, ma il massimo rappresentante di una classe politica corrotta e meschina, che dopo la caduta dell’Urss ha pensato bene di tutelare solo i più forti, lasciando il popolo al suo triste destino. Ed è proprio contro questo sistema che il baricentro della protesta si è spostato negli ultimi giorni (ossia dall’inizio degli scontri più duri tra polizia e manifestanti). “La folla in strada non è controllata da nessuno”, scrive ancora Varlamov.

“Klitschko e i suoi alleati hanno incontrato Yanukovich. Poi sono usciti a parlare alla gente, hanno cominciato a dire qualcosa, ma nessuno crede più loro. Nessuno vuole seguirli. La maggior parte della gente è completamente apolitica”.

Le leggi liberticide che hanno dato via agli scontri

A confermare questa tesi c’è il fatto che gli scontri più aspri tra polizia e manifestanti, che hanno determinato la situazione attuale, sono iniziati il 19 gennaio, dopo che la Verkhovna Rada (il parlamento ucraino) ha deciso di adottare alcuni provvedimenti fortemente lesivi della libertà d’espressione con la scusa di proteggere la sicurezza dei cittadini.

Provvedimenti che hanno funto da detonatore, facendo esplodere una situazione già difficile per il paese, fortemente deindustrializzato dopo la dissoluzione dell’Urss, mal governato da una classe politica mediocre e corrotta, schiacciato dall’eterna egemonia di Mosca.

Così Yanukovych, nel tentativo di placare le pacifiche (e nemmeno tanto convinte) proteste filoeuropeiste, dovute alla mancata firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea, ha scatenato l’ira dell’estrema destra, che da domenica scorsa ha ingaggiato una battaglia senza esclusione di colpi con i Berkut (le teste di cuoio ucraine) su Hrusheskogo street, non lontano da Maidan Nezalezhnosti (la piazza europeista che vorrebbe l’ingresso in Europa).

A sorprendere tutti, governativi e filoeuropeisti, ci ha pensato la gente. Gente normale, gente comune, gente stufa che si è unita al “Right Sector”, così come lo aveva fatto in precedenza con la protesta di Maidan Nezalezhnosti, nella speranza di cambiare qualcosa. Insomma, la rabbia dell’opinione pubblica ha raggiunto il suo picco, determinando un movimento trasversale che non ha capi, non ha leader e non ha nemmeno un programma.

La debole voglia di Europa

D’altronde in altro modo non poteva andare, vista la debole voglia di Europa dei partiti di opposizione, che hanno cavalcato la mancata firma dell’accordo con l’Ue con il solo e unico scopo di far cadere Yanukovych, più che per reale convinzione. Tolto Arseni Iatseniuk, capogruppo del partito di Iulia Tymoshenko “Patria”, Vitali Klitschko, leader di Udar (paragonabile al nostro Beppe Grillo) e Oleg Tiaghnibok, capo del partito dell’ultradestra nazionalista e omofoba, Svoboda, non sembrano così europeisti come loro stessi vogliono far credere.

Per farla breve, l’Europa è solo un pretesto. Un gigantesco appiglio al quale Klitschko, Iatseniuk e Tiaghnibok si sono aggrappati per buttare giù Viktor Yanukovych (molto influenzato dalle “correnti moscovite”). Lo si è visto sabato scorso, quando nel corso di un incontro per risolvere la crisi, Yanukovych ha calato l’asso, offrendo alle opposizioni la premiership del paese, l’abolizione delle leggi liberticide approvate dalla Rada, la revisione della Costituzione (per passare da Repubblica presidenziale a Repubblica parlamentare) e l’amnistia per tutti gli attivisti coinvolti negli scontri.

Un’offerta irrifiutabile, considerata da molti analisti politici una resa da parte di Yanukovych, che però è stata rifiutata con la richiesta di elezioni anticipate e la firma dell’accordo di associazione con l’Ue (peraltro nemmeno vantaggioso per l’Ucraina).

L’eterno sentimento antirusso dell’Ucraina occidentale

In questo quadro confuso e incerto si aggiunge un altro aspetto di non poco conto: l’eterno sentimento antirusso dell’Ucraina occidentale, che non ha mai perdonato alla Russia le violenze subite dal regime di Stalin. Storicamente, infatti, l’Ucraina è stata sempre divisa culturalmente e politicamente in due blocchi: un occidente nazionalista di lingua ucraina e un oriente filorusso che la lingua ucraina non sa nemmeno cos’è.

Non è un caso che in Galizia, la regione più filo-occidentale e antirussa del paese, durante la seconda guerra mondiale, Stepan Bandera, fondatore dell’Upa (esercito insurrezionale ucraino) e padre nobile del nazionalismo ucraino, arrivò persino a favorire i nazisti pur di fare un dispetto all’odiata Russia (ritenuta responsabile del suo avvelenamento nel 1959).

E non è un caso che proprio oggi la maggiore mobilitazione popolare venga proprio dal blocco occidentale, dove in questo momento sono circa dieci gli Oblast (le Regioni) passati sotto il controllo degli antigovernativi, che hanno occupato i palazzi delle amministrazioni regionali.

Una protesta che si è evoluta

Nella sostanza, quella ucraina è una protesta che si è evoluta rispetto alle forme iniziali.

Una protesta partita per spingere il paese nelle braccia dei burocrati di Bruxelles, ma finita con l’intento di difendere con le unghie e con i denti alcuni diritti fondamentali, senza i quali l’Ucraina perderebbe anche l’ultima parvenza di democrazia.

E’ una battaglia di libertà e di democrazia che con l’Europa ha pochissimo da vedere. Ma evidentemente a qualcuno fa comodo raccontare il contrario.

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