Viator – “Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo.”
Oscar Wilde
Nel secondo capitolo de Le Avventure di Tom Sawyer Mark Twain narra la vicenda dello steccato, uno dei momenti più significativi della storia. Il giovane Tom è incaricato di tinteggiare una lunga palizzata, attività che si prospetta di una noia mortale. Come se non bastasse, subito dopo l’inizio del lavoro un bambino in vena di scherzi si dà a tormentarlo con le sue canzonature.
A quel punto il furbo Tom inizia a recitare la parte di chi si sta divertendo un mondo. Decanta la attività di tinteggiatura come qualcosa di meraviglioso ed assolutamente non alla portata di tutti. Lo fa con tanta convinzione che a un certo punto l’altro – incuriosito – gli chiede se possa fargli provare a dare qualche mano di vernice.
Ma Tom sulle prime si dimostra irremovibile: la tinteggiatura è una attività importante e delicata, ed è anche troppo divertente perché possa conferire il pennello al primo che passa. In men che non si dica il desiderio del bambino diventa una fissazione, e la sua richiesta si fa più pressante fino a diventare una supplica. Solo a quel punto, quando l’altro muore dalla voglia di misurarsi nella attività di tinteggiatura, Tom si decide a passargli il pennello, con cui il bambino ‘manipolato’ porterà felicemente a compimento il lavoro al posto suo.
Lasciamo Tom Sawyer ed esaminiamo alcuni vecchi motti popolari. Avete mai sentito dire che ‘le cose facili non le vuole nessuno?’ Conoscete il proverbio secondo cui ‘in amore vince chi fugge’?
Altro esempio. Perché quando Google lancia un nuovo servizio, nei primi mesi l’accesso è riservato ai soli possessori di un invito? E’ accaduto al lancio di Gmail, sta accadendo al lancio di Google Plus. A questo punto non può che sorgere il sospetto che dietro tutto ciò si celi una strategia commerciale.
E dello ‘hype’ avete mai sentito parlare? In gergo commerciale – specie in ambito tecnologico, cinematografico e videoludico – è definita hype la aspettativa creata artificiosamente intorno a un nuovo prodotto, la cui uscita sul mercato viene anticipata da mesi, se non anni di comunicati stampa, indiscrezioni, anteprime.
Infine, vi è mai successo di vedere lo spot di un nuovo prodotto e poi non trovarne traccia nei negozi? Vi è successo di chiedervi perché mai lo pubblicizzassero, se ancora non lo si poteva materialmente acquistare?
Ebbene, tutte queste fattispecie sono accomunate da un unico filo conduttore; il concetto secondo cui per ‘vendere bene’ qualcosa, sia necessario che il potenziale acquirente sia indotto a desiderarla ed idealizzarla in quanto impossibilitato ad ottenerla nell’immediatezza.
Se si rileggono in quest’ottica molti cambiamenti epocali che hanno scandito lo sviluppo della nostra società, non è difficile intuire con quale frequenza il potere abbia fatto ricorso a tale strategia per indurre il gregge ad accogliere entusiasticamente una serie di ‘innovazioni’ tanto funzionali al sistema quanto – dietro una apparente convenienza – deleterie per l’uomo comune.
‘Grandi novità’ che se fossero state imposte o appoggiate dall’alto avrebbero finito per suscitare diffidenza, mancando di diffondersi con la capillarità perseguita dal sistema. Al contrario, se l’individuo medio fosse stato indotto a considerarle come il risultato di un autonomo processo decisionale, o come qualcosa di ‘esclusivo’, da agognare e inseguire, oppure di trasgressivo e avversato da uno o più gruppi di potere, ecco che quel qualcosa si sarebbe installato nella sua mente diventando una sorta di chiodo fisso, così che al momento opportuno – quando i burattinai avessero deciso di renderlo diffusamente fruibile, issando le ‘reti’ come esperti pescatori – l’individuo medio avrebbe abbracciato la novità con gran convinzione, considerandola una meritata conquista.
La storia potrebbe traboccare di simili operazioni di marketing politico. Chiunque può verificarlo di persona rianalizzando a ritroso le modalità con cui siamo giunti a molte delle ‘conquiste’ alla lunga rivelatesi delle vere e proprie trappole sociali e culturali.
Sebbene non esistano elementi che provino in maniera inequivocabile il ricorso a tale strategia, non è difficile – affidandosi ad un pò di logica e dietrologia – intuirne la presenza tra le pieghe di numerose innovazioni epocali. Di seguito proverò a elencarne qualcuna.
Monoteismo
La mia ipotesi è che quando i burattinai decisero di puntare sullo immenso potenziale politico della religione istituzionalizzata, dovettero in primo luogo adoperarsi per porre rimedio alla inadeguatezza del vigente sistema politeistico, figlio della enorme frammentazione culturale dell’impero romano. Le molte divinità pagane adorate a quei tempi – infatti – già ampiamente sfruttate per motivare discutibili attività oligarchiche – se considerate nel loro complesso non erano in grado di esprimere un insieme di diktat univoci e un supremo sistema di potere delegato alla loro attuazione, diffusione e integrazione.
Suppongo che fu proprio per esigenze di manipolazione socio-politica che un giorno il potere decise di diffondere un nuovo sistema religioso basato non più sul culto di un insieme eterogeneo di dei, ma su quello di un unico dio che accomunasse ogni provincia, che sdoganasse l’espansionismo verso oriente sotto forma di ‘guerra santa’ e che fosse portatore di precetti univoci e inequivocabili, tra cui – per l’appunto – il “non avrai altro dio al di fuori di me.’
E con ciò mi ricongiungo al tema del post. Se foste stati nei panni del potere della epoca e vi foste messi in testa di perseguire un obiettivo complesso come lo stravolgimento delle tradizioni religiose del gregge, in che modo avreste agito? Avreste provato a imporre il nuovo credo con la forza, dandovi a perseguitare tutti coloro i quali nonostante le vostre disposizioni avessero continuato a professare fedeltà al vecchio sistema di credenze? Ne dubito. Perché avreste intuito che una simile politica sarebbe servita solo a fortificare lo attaccamento al vecchio culto, col risultato che a fronte di una massiccia manifestazione pubblica di ‘conversione’ quest’ultimo sarebbe sopravvissuto in forma clandestina, ancora più forte e radicato (oggigiorno, grazie ai mass media, il problema non si sarebbe posto).
Al contrario, il modo migliore di raggiungere il vostro obiettivo sarebbe stato quello di lasciare che il gregge percepisse i nuovi paradigmi religiosi come una sorta di ‘vento del cambiamento’ scaturito dal basso (Attenzione! CAMBIAMENTO non sempre significa MIGLIORE. Non scambiatelo per un suo sinonimo). Una rivoluzione religiosa che voi – in quanto potere costituito – avreste osteggiato in ogni modo, quindi anche con la violenza e la persecuzione. Un cambiamento che sembrasse proibito e conveniente per il gregge, in quanto apparentemente contrapposto agli interessi del potere. Un cambiamento che l’uomo comune sarebbe stato indotto a inseguire tra mille difficoltà e sofferenze, e che una volta affermatosi, la massa avrebbe percepito come ‘proprio’; come una grande vittoria della verità del popolo sulle menzogne imposte dall’alto.
Democrazia
In realtà – come scrisse Tomasi di Lampedusa – giunse il tempo in cui il potere si vide obbligato ad agire affinché ‘cambiando tutto, nulla cambiasse.’ Lo strapotere delle aristocrazie, esercitato con crescente disprezzo della dignità umana, stava producendo generazioni di individui sempre meno disposti a sottostare alle angherie dei regnanti; individui che grazie al divulgarsi della parola stampata stavano pervenendo ad un risveglio della coscienza e che inevitabilmente sarebbero riusciti ad organizzarsi e influenzare la mentalità del resto del gregge, non escluse le guardie e gli eserciti che allora come oggi costituivano il braccio armato delle oligarchie.
Ecco dunque che – impossibilitato a far fronte alla situazione in altro modo – il potere stabilì che anziché tentare di arginare quel processo ormai irreversibile, ne avrebbe assunto il controllo, facendosi segretamente esso stesso fautore dello scoppio di due grandi rivoluzioni, e poi governandone le sorti per poterle dirigere verso gli esiti ad esso più congeniali.
Non potendo soffocare quella nuova e pericolosa consapevolezza, il potere agì per menomarla della ancor più pericolosa imprevedibilità. Gli ideali democratici furono insinuati nella cultura di quelle nuove generazioni, e quando ‘scoppiarono’ le rivoluzioni, un certo numero di esponenti della aristocrazia fu sacrificato alla sete di vendetta del popolo (sebbene non esistano prove inequivocabili che ad essere giustiziati furono effettivamente gli aristocratici citati nei libri di storia e non dei capri espiatori).
Fu così che anche stavolta il popolo lottò per inseguire un cambiamento che appariva funzionale al proprio bene, essendo apparentemente contrapposto agli interessi e la volontà del potere, mentre in realtà costituiva la salvezza stessa dei burattinai, in quanto funse da valvola di sfogo della irrequietezza popolare, da catarsi ingenua e sbrigativa che spezzò il processo di risveglio in atto, e che in abbinamento al ricatto del debito in predicato di affermarsi con l’avvento della economia moderna, incarnò quel cambiamento di facciata efficacemente descritto da Tomasi di Lampedusa nel suo Il Gattopardo.
Televisione
Ad ogni modo, il mezzo di persuasione sociale più potente e devastante della storia umana non doveva ovviamente essere percepito dal gregge come tale. Se il potere avesse distribuito i televisori gratuitamente o addirittura obbligatoriamente, eccitato dalla possibilità di insinuare in ogni famiglia una idea di realtà distorta e funzionale ai propri interessi, certamente la gente avrebbe rizzato le antenne e non si sarebbe mai instaurato questo rapporto di insana fiducia che a tutt’oggi buona parte della cittadinanza nutre nei confronti dei ‘professionisti’ della informazione e dello intrattenimento. Per cui – da bravi strateghi – come sempre i burattinai pensarono di agire con cauta lentezza.
In primo luogo commercializzarono i primi televisori a prezzi da capogiro. Alla sua uscita il televisore fu percepito dall’individuo medio come qualcosa di estremamente esclusivo e desiderabile. Soltanto coloro i quali godessero di redditi elevati poterono permettersene uno. Tutti gli altri dovettero accontentarsi della ospitalità di qualche amico o parente facoltoso, oppure di affollarsi nei locali pubblici che vantassero la televisione tra le loro attrazioni.
Inoltre si guardarono bene dall’improntare i primi palinsesti sulla persuasione e propaganda spinte. Invece, coerentemente al basso profilo appena descritto, fecero in modo che la cosiddetta ‘informazione’ rivestisse un ruolo discreto, così come gli spot pubblicitari, e che le trasmissioni fossero percepite come utili e benigne, proponendo interessanti inchieste, intrattenimento per lo più innocuo, e molta cultura.
Solo diversi anni dopo, quando la fiducia degli utenti era ormai conquistata anche grazie al ricambio generazionale, ed il costo dell’apparecchio si fu sensibilmente ridotto, così che tutte le famiglie che l’avevano lungamente desiderato poterono finalmente permettersene uno da piazzare in salotto, solo allora venne fuori il vero volto della televisione. Dalle tradizionali due edizioni quotidiane i notiziari presero ad essere trasmessi ad ogni ora del giorno e della notte con la motivazione ufficiale di ‘garantire il diritto alla informazione’, mentre in realtà si attuarono gli assunti sulla ripetitività illustrati da Edward Bernays nel trattato Propaganda. Gli spot pubblicitari furono insinuati un pò ovunque: prima, durante, dopo ed in sovrimpressione. Le grandi inchieste e le trasmissioni culturali sparirono dai palinsesti o furono relegate in orari impossibili, con la motivazione che il regime concorrenziale obbligasse il servizio pubblico ad adeguarsi alla programmazione decerebrata delle tv private.
Fu così che il mezzo di persuasione più potente e devastante della storia umana, dopo essere stato lungamente desiderato dalla popolazione, fu introdotto nelle esistenze di tutti noi in qualità di affidabile e utilissima risorsa sociale.
Cocaina
Adesso non vi resta che agire affinché alla cultura del profitto e della competitività vadano ad abbinarsi una insana iperattività ed una mentalità materialistico-nichilistica, così che al contempo i sudditi tendano a rinnegare la loro (‘pericolosa’) essenza spirituale e continuino anche nel tempo libero a dedicarsi ad attività che abbiano molto a che vedere con il ‘fare’ e lo ‘avere’ e poco con il ‘sentire’ e con lo ‘essere.’ Se poi in mezzo a tutto ciò riusciste a infilare qualche gentile omaggio al programma di spopolamento globale, sarebbe proprio il top.
Gli antidepressivi fanno già un buon lavoro, ma è impossibile che si diffondano con la capillarità di cui avete bisogno, in quanto comunemente percepiti come farmaci per perdenti e disadattati, dunque poco appetiti dai rampanti schiavi moderni tutti tesi ad inseguire il sogno americano per diventare tali e quali a Gordon Gekko.
Il sistema più efficace – vi dite – sarebbe quello di drogarli con una serie di sostanze che diano assuefazione e li inducano alla iperattività e al materialismo. Già, ma come convincerli? Se ve ne usciste con una qualche direttiva ufficiale che obblighi tutti i membri della collettività ad assumere una serie di sostanze assuefacenti, e dopo non molto tali sostanze producessero una enorme massa di disgraziati colpiti da ictus, infarti e disfunzioni erettili, difficilmente la iniziativa otterrebbe un gran seguito.
L’unico modo di riuscirci – concludete – è agire come al solito. Fare cioè in modo che i sudditi percepiscano tali sostanze come qualcosa di desiderabile in quanto costoso ed elitario, e di trasgressivo, in quanto proibito dalle leggi dello stato. Così facendo, anche se gli schiavi assisteranno alla dipartita e/o bancarotta di parenti, amici, colleghi e conoscenti già caduti nella dipendenza, proseguiranno a impasticcarsi e schiaffarsi polverine su per il naso perché convinti che il tutto derivi da una loro trasgressiva decisione dettata dalle esigenze frenetiche e competitive della società moderna, e non da un piano tramato ai loro danni da chi ha tutto l’interesse affinché si impaludino in tossicodipendenze che li rendano asserviti al sistema (matrice della frenesia che li ha indotti a drogarsi), oltre che creduloni, superficiali, nevrastenici.
Ecco come le ‘eccitanti’ droghe del nuovo millennio, quelle più demenziali, costose e socialmente pericolose di tutti i tempi – droghe sintetizzate appositamente per servire gli interessi del sistema mercantile attraverso una incredibile auto-manipolazione a base chimica compiuta da un gran numero di schiavi – furono introdotte nella cultura di massa sotto forma di ‘sballo dei vincenti.’ Decidete voi se sia il caso di piangere o ridere a crepapelle.
Molti altri Esempi
Provate a riconsiderare sotto questa ottica lo spauracchio del Global Warming e le masse di ingenui ambientalisti fieri di avere sposato la causa misantropica della Agenda 21; la introduzione dell’aborto e le femministe inconsapevoli di servire una agenda di contenimento e spopolamento demografico (immaginate le reazioni se fossero stati i governi, di loro iniziativa, senza pressioni ‘dal basso’, a legalizzare lo aborto); la cosiddetta emancipazione femminile, con cui le donne occidentali si batterono per aggregarsi ai maschi nello offrire il frutto del loro sudore alla insaziabile voracità della società mercantile, assoggettandosi alle logiche del debito e affidando i figli ai ‘maestri’ della televisione. E gli smartphones, dispositivi nocivi alla salute attraverso i quali viene sistematicamente violata la nostra privacy e registrato ogni nostro spostamento, spacciati per innocui gadget tecnologici da possedere ad ogni costo. E tra non molto toccherà alla eutanasia (venduta mediante la cinica proposizione di terribili tragedie umane) la quale in casi di particolare ed indiscutibile gravità ho idea che sia stata sempre praticata interrompendo le terapie, senza che si sia mai posta la necessità di alcuna ingerenza pubblica, mentre la sua ‘regolamentazione’ potenzialmente potrebbe aprire la strada – nel medio – lungo periodo (ricordate: cauta lentezza) – ad ulteriori sviluppi molto preoccupanti. Eccetera eccetera.
Prima di chiudere, ringraziando chi a avuto la pazienza di seguirmi, tratterò un ultimo tema che attualmente sta configurandosi come una possibile ennesima incarnazione della strategia descritta in questo post.
Internet
Oggi, a distanza di molti anni, temo che stia accadendo la stessa cosa con il web (sono nel web dal 1994 e – certe cose – si sentono, ndr).
In primo luogo è necessario sfatare il luogo comune che dipinge la rete come libera e ‘anarchica’, in quanto essa è in mano ad un ristretto gruppo di compagnie telefoniche e ad un ancor più ristretto gruppo di motori di ricerca.
In secondo luogo, il potere non è affatto sprovveduto; nulla in politica accade per caso; e tutte le volte in cui una innovazione culturale, sociale o tecnologica rischi di minacciare in qualsiasi modo gli interessi oligarchici, la stessa semplicemente viene soffocata sul nascere, senza che il gregge riesca nemmeno lontanamente ad intuirne la esistenza, se non forse decenni più tardi. Basti pensare a risorse polivalenti, pulite e a basso costo come la pianta di canapa indiana e le tecnologie di Nikola Tesla. Ne consegue che se qualche decennio fa i think tank del potere avessero giudicato potenzialmente nociva la affermazione del web, quest’ultimo non avrebbe mai visto la luce. Garantito.
Internet si è diffuso così capillarmente perché i burattinai hanno consentito che ciò avvenisse. Ed il motivo è presto detto. Il mezzo televisivo infatti non solo è limitato da un insormontabile rapporto unidirezionale che non consente al potere di carpire i gusti, il grado di libertà intellettuale e le abitudini di ogni singolo utente, ma negli ultimi anni ha finito per perdere quella unanime credibilità che invece vantava fino agli anni ’80.
La diffusione di internet abbinata ai nuovi mezzi di schedatura ed elaborazione dei dati consentirà al sistema di ovviare ai due problemi senza che il gregge riesca a percepire la connotazione profondamente orwelliana di questa ennesima potenziale trappola sociale.
Non sono pochi coloro i quali si pongono legittimi dubbi su personaggi come David Icke e Alex Jones, oppure organizzazioni come Wikileaks o il Zeitgeist Movement. Com’è possibile – ci si chiede – che gente che denunci pubblicamente situazioni così destabilizzanti, prosegua indisturbatamente la propria opera sovversiva senza che nessuno si adoperi per farla tacere? Dev’essere la prova che costoro siano in combutta con il potere, probabilmente per discreditare a colpi di fandonie la ‘vera’ controinformazione o per assuefare la gente a nuovi paradigmi religiosi incentrati sul culto di entità maligne o semplicemente per mantenere basso il livello vibrazionale mediante la paura e l’odio. Magari è vero, in qualche misura. Una ulteriore possibilità è che le rivelazioni della controinformazione possano servire da detonatore per la demolizione dello status quo e il sobillamento di una nuova rivoluzione violenta che precipiti nel caos la nostra società, dalle cui ceneri i burattinai possano edificare un ‘nuovo ordine.’ Ipotesi tutt’altro che peregrina (anche perché – come si è ipotizzato – in passato sembra essere già successo con la introduzione della democrazia).
Esiste però un’altra possibile interpretazione, la quale potrebbe tranquillamente coesistere con quelle elencate sopra, vista la polivalenza denotata da tutte le operazioni su vasta scala poste in essere dai burattinai. Ipotesi che si basa sul fatto che questa notevole ondata di controinformazione e controcultura si riscontri quasi esclusivamente sul web. Bisognerebbe chiedersi come mai spesso e volentieri la televisione – di cui il web dovrebbe costituire la nemesi – continui a pubblicizzare internet, ed in particolare Facebook (ed ora, anche Twitter, ndr).
Come mai notiziari e programmi tv sottolineino continuamente il ruolo fondamentale ricoperto dal web nelle varie finte ‘primavere rivoluzionarie’ che stanno occupando le cronache di tutto il mondo. Come mai il web pulluli di film piratati e pornografia senza che le istituzioni facciano alcunché per arginare questi fenomeni estremamente anarcoidi e trasgressivi che rendono internet così irresistibilmente ‘di frontiera’. Ed infine bisognerebbe soffermarsi a chiedersi come mai di tanto in tanto escano fuori spauracchi puntualmente mai concretizzati – se non in minima parte dal sapore piuttosto ‘scenico’ ed ‘emblematico’ – circa una fantomatica volontà da parte del potere di mettere le mani sulla rete allo scopo di censurarla, limitarla, irregimentarla.
La percezione del ‘rischio censura’ non fa che rafforzare nello immaginario collettivo l’idea che questo nuovo mezzo di comunicazione sia favorevole al popolo e inviso al potere, e che di conseguenza sia affidabile e benigno, ultimo baluardo di libertà contrapposto al grande fratello … quando in realtà il web stesso è la opera umana più contigua al concetto di grande fratello orwelliano. Il web è il grande fratello.
Mi rendo conto che tale ipotesi possa risultare indigesta, specie a coloro i quali in questi anni stiano onestamente impegnandosi per fare controinformazione e controcultura attraverso siti e videoclip, non esclusi noialtri di questo blog. Tuttavia è necessario tenerla in debita considerazione per non rischiare di fare la fine dei nostri nonni e genitori, i quali – soldi alla mano – si recarono in massa fiduciosi presso i negozi di elettrodomestici per acquistare la loro alienazione sotto forma di una scatola piena di meravigliose immagini in movimento.
A mio modo di vedere esiste la non remota possibilità che a (quasi) tutti i divulgatori di informazioni alternative sia consentito indisturbatamente di sparare bordate contro il potere e la cultura dominante proprio perché tale ventata di ‘verità’ – o di punti di vista non allineati – sia funzionale ad uno degli obiettivi perseguiti dai burattinai, quello cioè di carpire la fiducia incondizionata della gente rispetto al web (che si appresta ad essere ‘indossato’ mediante ‘realtà aumentata’ e nuovi dispositivi a connettività persistente), così da persuaderla ad aprire il cuore e la mente ad un nuovo mezzo di comunicazione destinato a ‘mediare’ tra essa e la realtà circostante; in grado di estorcere i suoi segreti, le sue inclinazioni, i suoi propositi per poi trasmetterli a potenti elaboratori, per fini che non è difficile immaginare.
Inoltre sono disposto a scommettere che giungerà il giorno – non domani, non fra un anno e nemmeno forse tra un lustro – che fare informazione e cultura in rete inizierà a costare caro. Economicamente, intendo. Quel giorno segnerà la fine della cultura e della informazione libera in rete, in quanto solo coloro i quali potranno permettersi di spendere ingenti cifre saranno in grado di produrre nuovi contenuti (leggi: coloro i quali dipendono dal sistema). Ma a quel punto il luogo comune sarà già bello che creato, e la gente proseguirà a percepire la rete come libera e indipendente, con sommo gaudio dei burattinai.
Concludendo
E’ necessario rizzare le antenne e non lasciarsi più irretire dai soliti trucchetti. Mentre noi lavoriamo e ci svaghiamo, loro tramano per consolidare la nostra schiavizzazione. Ad oggi credo che l’unica via di salvezza risieda in una completa disconnessione, non solo dal regime di vita che abbiamo inconsapevolmente contribuito ad instaurare, ma anche dalle ‘luccicanti’ novità che ogni anno si affermano massivamente nella società occidentale. I settori della economia, della comunicazione e della politica – se mai siano stati un minimo affidabili – di certo oggi sono troppo marci per poter sperare che da essi possa emergere qualcosa di benefico per la ‘plebaglia.’
Ogni novità che come per magia trova ampia diffusione a livello ‘globale’ non può che essere stata avallata (ove non progettata e realizzata) dal potere per perseguire fini funzionali ai propri scopi, i quali purtroppo nella maggioranza dei casi confliggono con gli interessi della collettività. Si tratta di obiettivi che forse sul momento ci sfuggono, ma che – alla luce dello stato in cui versa la società occidentale dopo appena mezzo secolo di ininterrotte ‘novità globali’ – difficilmente potranno mai contemplare alcun concreto beneficio per gli ‘utilizzatori finali.’
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Quanta saggezza e quanto pensiero e quanti bagliori di verità ci sono in questo articolo.
Io ci sono arrivato tramite Twitter, dove i “twittini” di Italia dei Dolori sono tra quelli che che leggo più volentieri.
Ti ringrazio per la fiducia, Fabio.